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MAURIZIO CARLONI
(CINGOLI 1941- PAVULLO N/F 2001)
Sono nato, quarto di cinque fratelli, a Cingoli in provincia di Macerata il ventidue novembre millenovecentoquarantuno. Nonostante la guerra, la mia infanzia non fu poi tanto dura perché alla mia famiglia non mancò mai il necessario. Come tutti i bambini del mio paese, ho frequentato l'asilo ma anticipai l'inizio delle scuole elementari. Avevo sette anno quando ci trasferimmo a Bologna. Probabilmente risentii dell'abbandono di quel mondo che aveva visto i miei primi sogni di fanciullo e che mi è rimasto profondamente nell'anima. Completai le elementari e le medie e il passaggio alle superiori non fu poi così facile. Dopo un anno di Ginnasio, riuscii a convincere i miei genitori che la mia passione per l'arte doveva condurmi a frequentare il Liceo Artistico. In fondo l'Arte era già entrata a far parte della tradizione familiare, essendo mio nonno Federico e mio zio Donatello, padre e fratello di mia madre, artisti, di un certo livello.
Dunque, frequentai il Liceo Artistico di Bologna. Il passaggio all'Accademia di Belle Arti (frequentai prima i corsi di decorazione e poi quelli di pittura) coincise con gli anni della mia giovinezza un po' "bohèmienne" e ricca di molteplici esperienze: cabaret, teatro, performances. Componevo canzoni, anche in dialetto bolognese, e cantavo con Lucio Dalla e Francesco Guccini. Insomma, vissi, come si suol dire, con intensità la vita intellettuale di una Bologna straordinariamente stimolante.
Fu in questi anni che conobbi Paola, la donna della mia vita, che sposai nel 1967. Abbandonai l'Accademia di Belle Arti e mi trasferii, con Paola, in Sicilia, a Favara in provincia di Agrigento, per dare inizio alla mia vita di insegnante, prima presso le scuole medie, poi all'Istituto Magistrale.
In quegli anni dipingevo molto. Mi sentivo trascinato da quello straordinario mondo siciliano pieno di contrasti, fatto di colore e calore, di miseria e ricchezza; di lunghi pomeriggi infuocati trascorsi tra le mura umide di una stanza-studio a contemplare la prospettiva dei tetti. Dipingevo e scrivevo: quadri dal cromatismo forte e dal segno incisivo e le lunghe lettere a Paola, quand'era lontana, al Nord, corredate da curiosi schizzi che volevano rendere più allegre le parole intrise di nostalgia. Componevo poesie e canzoni e m'accompagnavo con la chitarra. Dipingevo e scrivevo e disegnavo. E diventavo padre: nel 1968 nacque Barbara.
Nel 1970 ottenni il trasferimento a Pavullo presso la scuola media che mi vedrà insegnante di educazione artistica fino al 1999 e dove, nel 1974 nacque Maximilian, il mio secondogenito. Pavullo: un paese simile alla mia Cingoli, provinciale e ricco con tante buone cose ed altre meno. Un paese stimolante per quella concentrazione di artisti che ne fanno un "caso" veramente straordinario: Minelli, Covili, MacMazzieri, Biolchini, Scarabelli, Palladini. In un siffatto clima, mi sentivo incitato a "fare". Dipingevo e disegnavo molto ma anche scrivevo, cantavo con il Coro Montecuccoli e realizzavo piccole sculture e oggetti, i miei "giochini", che mi affascinavano per la loro apparente "inutilità" che erano figli naturali della mia immaginazione; oltre che un tentativo di nobilitare ogni fatto creativo.
Il mio lavoro di pittore mi ha portato a frequentare il mondo dell'Arte. Un mondo charoscuro un cui il mercato è diventato troppo determinante per il "successo" di un Artista. Penso che da sempre la mia pittura abbia incontrato i favori non solo del pubblico ma anche dei galleristi e dei critici; tuttavia, i miei rapporti con il mercato, per diversi motivi, non sono mai stati facili. I tempi necessari alla produzione di una mia opera sono troppo lunghi per soddisfare le richieste e i ritmi di un mercato sempre più esigente e "dissacrante"; quindi ho, consapevolmente, scelto di operare senza più preoccuparmi dei galleristi, dei critici, e di quanti altri "frequentano" il mondo dell'arte contemporanea.
Ho allestito alcune mostre personali: a Favara, a Modena, a Cingoli. Con alcuni amici artisti abbiamo "inventato" le nostre mostre: la Biennale di Sestola con Scapinelli, Pipino, Mac, Biolchini, Scarabelli; la mostra "Incontri: Artisti italiani e dominicani a confronto" con Scapinelli, Pipino, Vanni, Candido Bidò e Guillo Perez; mostra presentata a Venezia e Santo Domingo, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna. E ancora: la mostra "Teoria dei Crinali" con Pipino, Scapinelli e Scarabelli e quattro artisti toscani, nata nell'Abetone da un'idea di Saverio Zanni, e portata a Modena e Livorno. In queste mostre si è respirato un autentico clima d'amicizia. Il nostro, in fondo, era un modo di proporre il nostro lavoro fuori dagli schemi consueti del mercato e della politica. Ho, quindi, consapevolmente accettato di operare come ritengo che sia la mia via.

Affettuoso ricordo dei figli Barbara e Max
Non poter più parlare con mio padre, commentare un film, un libro o una cosa che mi succede è stata una delle cose più difficili da accettare dopo la sua morte.
Ho realizzato solo con il tempo che in realtà avrei potuto immaginare cosa mi avrebbe detto in qualunque situazione.
Essermi resa conto di questo mi ha, in parte, consolato.
Ho capito che lui è ancora in me.
So di essere stata immensamente fortunata ad essere nata e cresciuta accanto a lui.
Era una persona ricchissima, dolce, colta, intelligente e contemporaneamente estremamente complessa.
Era mio padre, e guardando le cose meravigliose che sapeva fare, io lo ritrovo ogni volta.
Avrei voluto che i miei bambini lo avessero conosciuto di più, che avessero potuto giocare, disegnare, costruire giocattoli di legno insieme a lui e poi crescere e godere della grande opportunità di avere un nonno così.
Attraverso la magia dei suoi quadri, dei disegni e leggendo ciò che scriveva, voglio pensare che riuscirò a far capire loro quanto era speciale.
Barbara Carloni

Una foto in bianco e nero
di un lontano carnevale
tu che guardi da una parte
Io dall'altra e stavo bene
Stavo bene di sicuro
lì tra le tue forti braccia
come fossero uno scudo
come fossero di roccia.
Un momento come tanti
di un'infanzia spensierata
che é passata così in fretta
da sembrarmi non vissuta
Ma riguardo quella foto
mi ci tuffo con la mente
già rivivo quell'abbraccio
ed il tempo non è niente.

Questa strana cosa, il tempo
e provate a darmi torto
nel dolore lui si allunga
ma se sei felice è corto
E così è passato lento
nei tuoi giorni di dolore
quando il rosso del tuo sangue
era l'unico colore.
Il destino ti ha tradito
ti ha ingannato sul più bello
ti ha rubato anche la forza
di impugnare il tuo pennello
per dipingere il tuo mondo
come tu lo immaginavi
un teatro dentro un bosco
tra le nuvole le navi.
Il tuo mondo è una scacchiera
è una cupa cattedrale
la corteccia di un ulivo
un austero cardinale
la potenza di un cavallo
con i muscoli contratti
l'armatura di un guerriero
burattini e marionette
aeroplani colorati
con piloti equilibristi
mostri allegri e divertenti
e pagliacci seri e tristi.

Son passati molti anni
da quel maledetto aprile
quando hai chiuso gli occhi stanchi
ed hai smesso di soffrire.
Ora sono padre anch'io
Il mestiere più pesante
ora so cosa vuol dire
le paure sono tante.
Mi domando se mio figlio
prova quello che ho provato
quella dolce protezione
che da padre, mi hai donato.
Non mi sento così forte
come lo sei stato tu
Io che ho mille debolezze
anzi, forse ne ho di più.
Gli racconto di chi eri
quel che hai fatto nella vita
ma non so se la tua storia
veramente l'ha capita.
Forse sì, perché ti cerca
ti disegna grande e forte
un un'idea piuttosto vaga
di che cosa sia la morte.
Lui sa solo che suo nonno
ha patito tanti mali
ma su in cielo è più felice
Perchè ora ha un paio d'ali.

Maximilian Carloni

Per info e contatti: Paola Battilani - Contatta

© Maurizio Carloni